SOS COMPITI: Guida allo studente felice

“Mamma ho mal di pancia”…credo che mia mamma abbia sempre saputo che questa frase molto spesso fosse una scusa, un mio desiderio di non andare a scuola. Ogni tanto mi assecondava, la maggior parte delle volte, invece, mi mandava comunque; la verità è che avevo timore di una delle mie maestre che era particolarmente severa e pretenziosa e mia mamma lo sapeva bene. Non sono mai andata in modo eccelso a scuola, almeno fino alle scuole superiori, mi mancava lo stimolo, mi mancava il sentire qualcuno che credesse in me che non fosse la mia famiglia poiché, diciamoci la verità, spesso è di parte. Ma le aspettative dei miei insegnanti non andavano oltre, non hanno mai provato ad aiutarmi o a darmi strumenti alternativi: non capivo una cosa? Pazienza, andiamo avanti. Così mi sono sempre detta che se mai fossi diventata insegnante, avrei sostenuto i miei studenti, li avrei aiutati affinché ognuno di loro arrivasse ad apprendere le nozioni di base senza grosse difficoltà.
Le mie prime esperienze lavorative sono state come tutor individuale, come molti studenti, era un modo per raccogliere qualche soldo per avere un briciolo di indipendenza; poi questo “lavoretto” è diventato la mia professione e ho conosciuto tantissimi genitori e altrettanti bambini e ragazzi. Ma una cosa accomunava tutti quanti, ossia le difficoltà che ciascun genitore riconosceva nei propri figli: poca autonomia, mancanza di organizzazione e poca autostima, oltre alla paura del foglio bianco.

Spesso mi sono fermata a riflettere su questi elementi e ho cercato di trovare la soluzione adatta ad ogni studente basandomi sulla sua personalità, capacità ed emotività.
Ciascuno di loro era ed è diverso e non esiste una regola da seguire, però ci sono tanti piccoli accorgimenti che possiamo adottare per aiutarli. Ovviamente ogni strumento, ogni metodo va costruito ad hoc sul ragazzo che abbiamo di fronte, ciò che può andar bene per Mario può non andar bene per Maria.

Quando manca l’organizzazione, il tempo impiegato per svolgere i compiti aumenta notevolmente, con conseguente frustrazione e perdita dell’entusiasmo.
“Martedì Andrea prende in mano il diario e vede che per mercoledì ha un sacco di compiti da fare e in più la mamma gli ha suggerito di prendersi avanti con i compiti per venerdì poiché domani ha anche sport, torna a casa tardi e sicuramente poi non ha voglia di fare nulla.”
Se Andrea non sa organizzarsi in modo adeguato, rischierà di perdere tutto il pomeriggio e finirà per non riuscire a raggiungere l’obiettivo prefissato.
Ma come possiamo fare per aiutare Andrea a organizzare al meglio il suo lavoro?
Sicuramente può essere utile creare con lui un piano d’azione, ovvero un elenco in cui mettiamo in ordine di “Importanza” i compiti da fare. Al primo posto vanno i compiti per il giorno dopo, l’ideale sarebbe anche di classificarli in base alla lunghezza e all’impegno richiesto da ciascuna materia, ma teniamo anche conto delle preferenze che il bambino può avere e lasciamoci guidare da lui in questa scelta. A seguire si faranno le successive.

Una volta stilato il piano d’azione, è importante prevedere un limite di tempo per dare una certa cadenza nello svolgimento dei compiti tanto più impegnativo è il compito maggiore sarà il tempo cercando comunque di stare all’interno delle due ore/due ore e mezza totali.

Un consiglio potrebbe essere quello di cominciare sin dal primo giorno di scuola con il fare i compiti a mano a mano che vengono assegnati, questo perché? Innanzitutto, fare i compiti il giorno stesso che vengono assegnati permette di mettere in pratica ciò che si ha appreso la mattina a scuola con maggiore freschezza e permette di capire se si è compreso l’argomento o se necessita di un approfondimento. Pensiamo per esempio alle regole di matematica, se la mattina spiegano la proprietà commutativa e mi assegnano degli esercizi per casa, farli subito il pomeriggio mi permette di sperimentare e capire veramente se è stato compreso l’argomento. Se io li faccio due giorni dopo, potrei non riuscire nello svolgimento e a quel punto viene difficile capire se si tratta di una non comprensione o di un reset della spiegazione.
Sicuramente cominciare l’anno scolastico svolgendo i compiti di volta in volta, è utile anche per non restare indietro sulla tabella di marcia, e non avere pomeriggi sovraccarichi.

Un altro “giochetto” da mettere in pratica per agevolare l’organizzazione è quello di usare un timer. Una volta che abbiamo individuato i compiti da svolgere, assegniamo ad ognuno di essi una durata in base all’impegno richiesto. Ad esempio, se devono fare un esercizio di comprensione del testo, possiamo mettere un timer di 20/30 minuti (dipende anche dalla lunghezza del testo); se invece dovrà fare due operazioni basteranno 5 minuti. Il timer deve essere un monito, non una minaccia!

Cosa accade se io faccio scadere il timer e il compito non è stato concluso? Le risposte possono essere due e dipendono dalla modalità di svolgimento dei compiti:

  • Se c’è stato impegno, dedizione, da parte del bambino ma il tempo non è bastato per i più svariati motivi (stima sbagliata della durata, difficoltà con il comprendere la consegna…) far scadere il tempo potrebbe ledere la fiducia in sé stesso, fargli sentire di non essere all’altezza, di essere lento;
  • Se invece, nonostante il timer, non c’è impegno o desiderio di impegnarsi, allora far scadere il tempo può essere utile. Facciamogli notare che ora a timer scaduto avrebbe potuto giocare e invece dovrà continuare a fare i compiti.

Il timer potrebbe non funzionare per tutti, possiamo fare anche un sistema di punteggi con premio finale. Ovviamente il premio non deve essere un qualcosa di materiale, potrebbe essere del tempo da trascorrere in famiglia o con gli amici: un pomeriggio in piscina, una pizza con gli amici, serata al cinema,…e così via.

E’ necessario dare un supporto di tipo motivazionale affinché non si sentano perduti.

Molto spesso però, la paura di sbagliare, così come la paura del foglio bianco, colpisce gli studenti, sia nello svolgimento quotidiano dei compiti che durante verifiche e interrogazioni. La paura di sbagliare è tanto comune quanto deleteria, porta a dei veri e propri blocchi. Si può manifestare sia nel lavoro a casa, con continue richieste di aiuto e supporto, ma anche a scuola, con conseguente fallimento della prova che porta a sensazioni di umiliazione ed incapacità. Ma cosa fa nascere questa paura così forte e difficile da controllare?
Personalmente credo che ci sia da fare un lavoro a monte, sin da quando questi studenti son bambini. Nell’educazione Montessoriana, “il Signor Errore è il benvenuto” ed è presente sin nel progetto 3-6. L’ approccio è rivolto al non giudizio, il bambino è libero di sperimentare da solo e di autocorreggersi grazie al materiale accuratamente preparato. Non si sentirà umiliato nello sbagliare, anzi vedrà in esso una opportunità di crescita.

E il maestro, che ruolo ha allora? L’adulto non giudica, fa un passo indietro, osserva la spontaneità con cui il bambino si accorge da solo del proprio errore e lo corregge senza vergogna, senza paura, con una grande autostima!
Questa paura spesso porta al vero e proprio terrore di affrontare verifiche e interrogazioni, con la conseguenza di un esito negativo della prestazione che a sua volta provoca una ulteriore carenza di autostima e un aumento della paura di sbagliare.

“Mi* figli*non è per niente autonomo! Mi chiama mille volte, devo sempre stargli seduta accanto” L’autonomia è un altro aspetto su cui è importante lavorare, con tanta pazienza. Un esercizio alla volta. Spesso dietro alla continua ricerca di rassicurazioni e aiuto, si cela “Il Signor Errore” che non è stato accolto nella vita scolastica dei bambini ma che è sempre stato visto come un qualcosa di negativo!
Usiamo parole motivazionali, sproniamolo e rassicuriamolo. Partiamo con lo spiegargli che sbagliando si impara, sediamoci accanto a lui e leggiamo un giornale, ci accorgeremo che spesso ciò che è sufficiente per farli sentire sicuri e tranquilli è la sola nostra presenza.
E se proprio queste operazioni non vanno giù, lanciamo un guanto di sfida: sediamoci accanto con carta e penna e vediamo chi è più veloce, ovviamente noi saremo particolarmente lenti e faremo pure un sacco di errori, non è la nostra autostima ad aver bisogno di aiuto ricordiamocelo!