La gentilezza? A lezione fin da piccoli

Ovunque si sta perdendo la gentilezza. Lo stress, la vita frenetica, una società basata sui diritti, hanno un effetto sulla nostra salute: rabbia, sofferenza, lamentele hanno il sopravvento. I social stanno mostrando il volto di una società violenta, critica, pericolosa.

Tutto questo si controbilancia con la consapevolezza una gentilezza autentica. Innanzitutto verso se stessi, poi nel prendersi cura degli altri. Quando parliamo di gentilezza parliamo di gratitudine. Scegliere di mettere al centro lo spirito Hygge per esempio significa offrire maggiore spazio a sentimenti di condivisione, rallentare i ritmi e dedicare tempo alla cura. Hygge è quella parola danese, difficile da pronunciare, ma che possiamo tradurre come “l’arte dello stare bene”.

Diversi anni fa ho letto un libro bellissimo “L’arte della felicità” e ogni volta che lo riapro vi trovo dei nuovi ed interessantissimi spunti sui quali riflettere. Non posso definirmi buddista, ma ho sempre nutrito un grande interesse per questa filosofia, leggendo molto e iniziando in età adulta a praticare.

Il libro, come tutti i testi che riportano il pensiero del Dalai Lama, è un vero concentrato di saggezza che può essere messa in pratica quotidianamente e da ognuno di noi. Il vero autore del libro è Howard C. Cutler che ha intervistato il Dalai Lama durante numerosi incontri privati al fine di far conoscere il punto di vista di Sua Santità su numerose questioni che interessano da sempre l’umanità e, in particolare, su come sia possibile raggiungere la felicità.

Mi è piaciuto il continuo confronto tra il modo di pensare occidentale e quello orientale e la contrapposizione della scienza rispetto alla saggezza che si acquista con il tempo ed il buon senso.

È incredibile accorgersi che spesso le chiavi migliori per raggiungere la felicità sono quelle più semplici, quasi scontate, alle quali però non siamo più abituati a pensare.

Sono convinta che sia importante risvegliare in noi quella scintilla che per buona parte dei nostri giorni rimane addormentata nel cuore: quella della gratitudine.

Troppo spesso ci dimentichiamo di ringraziare, per quello che riceviamo, per quello che abbiamo a disposizione, per quello che viviamo quotidianamente.

La gratitudine è la preghiera più grande che abbiamo a disposizione ed è una medicina che ci offre innumerevoli benefici per la nostra salute.

Cosa significa essere grati?

Provando gratitudine, possiamo sviluppare felicità. Impariamo a notare i dettagli che ci offre la vita, le esperienze, le persone con cui ci relazioniamo e la natura.

Vedere la meraviglia in ogni cosa, provare stupore per ciò che abbiamo, è una condizione che ci riporta subito all’infanzia. Per questa ragione la gratitudine può essere stimolata fin da subito nei bambini, che la possiedono naturalmente, ma che rischiano di perderla precocemente senza l’aiuto di una educazione orientata alla felicità.

Se vogliamo crescere bambini che provino empatia, che mostrino considerazione per gli altri, allora dovremo assicurarci che le loro parole non siano convenzionali bensì legate a veri sentimenti di gratitudine.

Come fare?

Possiamo aiutare il bambino a riconoscere l’emozione, a sentire la cura che c’è dietro ad ogni gesto.

La capacità di prendersi cura degli altri è istintiva nei bambini e si attiva quando si sentono accudito.

Quando mettiamo la cura al centro dell’educazione abbiamo come effetto che il bambino a sua volta sarà più premuroso nei confronti degli altri.

Prendersi cura di qualcuno è un comportamento che non ha bisogno di essere ricompensato: è appagante di per sé. Per questa ragione il comportamento premuroso del bambino non va premiato, ma solo sostenuto.

Tratto dal libro “Scuole Felici. La pedagogia basata sul metodo danese nei servizi educativi 0-6 anni in Italia” – edizioni Erickson – di Giovanna Giacomini

Trovi il libro qui: https://www.ericksonlive.it/prodotto/educazione-teorie-e-metodi/scuole-felici/